la Storia dello Sci Club// Gli Anni '40
Le vicende belliche degli anni che seguono sono ben note e la pratica sportiva è cosi costretta, in Zoldo come in tanta altra parte del Mondo, a rinviare ogni sogno a dopo la fine del conflitto. Ma, passata la bufera, nella Valle lo sci trova ancora attenti e volenterosi interpreti che vogliono riprendere da dove erano stati costretti a fermarsi.
È il primo anno del dopoguerra (1946) quando un piccolo gruppo di appassionati ricostituisce lo Sci Club; tra gli altri ne fanno parte Arturo Pellegrini, che viene nominato presidente, Ezio Della Lucia, chiamato a svolgere le funzioni di segretario. Ivano Lazzarin, Angelo Gamba, ed Emilio Gamba (cui si deve l'importazione in valle del primo paio di sci laminati, allora in avorio). Che lo spirito e gli intenti dei fondatori siano già profondi e radicati traspare anche da due piccole annotazioni di cronaca. Franco Della Lucia, fratello di Ezio, può esibire la patente di maestro di sci, abilitazione ottenuta a seguito di un esame sostenuto a Cervinia nel maggio del 1943. e con lui, come preparatore tecnico, c'è anche Angelo Pasqualin. Inoltre il rinato sodalizio può già presentare un atleta di gran levatura (purtroppo prematuramente scomparso): Ebo Berolo.
Subito dopo la costituzione del club avviene la formale affiliazione (o meglio reiscrizione) alla Fisi, che viene perfezionata il 30 dicembre 1946. E questa l'epopea eroica del club; le manifestazioni che vengono organizzate sono tutte improntate al volontariato, alla disponibilità, alla partecipazione - a diverso titolo -di larga parte della popolazione. Quanto alla tipologia delle gare, in perfetta analogia con le origini di questo sport, si tratta da una parte di prove di fondo e dall'altra di sci alpinismo, disciplina ritenuta non a torto completa e tale da far emergere gli atleti capaci di destreggiarsi su ogni tipo di terreno.
Negli anni dell'immediato dopoguerra, nei tre comuni della Valle sono anche motto attive le scuole di fondo, dalle quali usciranno fior di campioni. Tra gli istruttori, accanto agli appassionati del luogo come Gino Zampolli, si segnala anche Cristiano Rodighiero, fratello di quel "Rode", prima campione di razza e poi industriale delle scioline che portano il suo nome. All'inizio sono quattro o cinque ogni anno gli appuntamenti in valle che vedono protagonisti gli atleti zoldani che, successivamente, cominceranno ad affacciarsi anche fuori dei confini di Zoldo con risultati sempre rimarchevoli.

Una menzione particolare la merita Egidio Zanolli. Alla fine degli anni Quaranta è forse migliore del più celebre fratello Camillo, e lo dimostra in mille occasioni, ma ha un carattere spigoloso, per nulla incline all'accomodamento e sempre pronto ad accendersi, e per questo non riuscirà a raggiungere il successo che si merita. Subito dopo la ferma militare infatti, all'inizio degli anni Cinquanta, viene aggregato alle formazioni nazionali e i dirigenti, in assenza di veri fuoriclasse, gli fanno balenare la possibilità di uno stabile inserimento nella Nazionale maggiore, prospettiva quanto mai allettante, perché offre la possibilità di emergere a livello internazionale.
Il test viene fissato ad Asiago ed Egidio parte da Zoldo giungendo però sull'Altopiano a notte fonda, dunque impossibilitato a provare la pista. Ciononostante chiude in maniera più che dignitosa entro i primi quindici, lìmite fissato per il superamento della selezione. Sembra cosa fatta, ma la dirigenza tecnica, affidata a un ufficiale delle Fiamme Gialle, e quella politica (c'è il segretario generale Strumolo), lo depennano dalla lista. In cambio gli offrono come contentino di partecipare ad uno stage sul passo Rolle. Qui le condizioni dell'acquartieramento sono ben lontane dal soddisfare non solo atleti in odor di Nazionale, ma anche indegne di un vivere civile: una sola stufa malandata, che non permette di asciugare i vestiti, niente acqua calda, alimentazione al limite della fame. Egidio non ci pensa su troppo: lascia la compagnia e si trasferisce in albergo.
Inevitabile la reazione dei dirigenti, che si rifiutano di pagare il debito, mentre Zanolli sostiene che a casa sua, con tutti i problemi di una valle povera e sconosciuta, mai e poi mai si sarebbero ospitate persone in simili condizioni. Neppure l'intervento del segretario Strumolo riesce a trovare un compromesso ed Egidio esce definitivamente dalla scena azzurra, anche se continua a garegggiare sulle nevi di casa.

Quanto ai luoghi deputati ad ospitare le gare, si può tranquillamente dire che quasi ogni frazione della valle si candida. Baron, Dozza, Dont, Astragal, Mareson, Zoppe, Goima, S.Tiziano (e si tratta di un elenco solamente indicativo) diventano il palcoscenico sul quale recita un numero sempre crescente di interpreti. Spesso, anzi, le manifestazioni vengono organizzate in occasione della festa del patrono nel-le diverse località. E non è un elemento da trascurare o da relegare tra semplici note di folclore; piuttosto è un ulteriore, rilevante segnale di come la pratica sportiva sia radicata in profondità nella vita degli abitanti. Se si fa mente locale a quanto viva sia la tradizione delle feste patronali, questo accostamento - meglio forse chiamarlo compenetrazione - è la conferma di un coinvolgimento generale che non vede alcuna remora nell'abbinare la religione allo sport. La passione per lo sci, insomma, diviene presto un tratto caratteristico della gente di Zoldo. al punto che. anche durante il perìodo passato lontano da casa, sono in molti a partecipare alle gare che vengono organizzate nei Paesi dove gli Zoldani hanno trovato ospitalità e occasione di lavoro.

A questo proposito basterà ricordare pochi nomi: Emilio Lazzarin, campione regionale nel Baden Wurtenberg sulla distanza dei 40 chilometri, Pierin Vittoria che - nell'allora DDR - era tenuto in tale considerazione da venire mandato a disputare gli allenamenti collegiali sui monti Tatra (dove si ingegnava anche a sfuggire all'ora politica).
In anni più recenti, ricordiamo Arcangelo Costantin che - emigrato a Milano - ha continuato l'attività sciistica aggiudicandosi il titolo italiano "Cittadini" nel 1972 e giungendo secondo l'anno seguente. Un periodo nel quale è stato a contatto con Sala e Longoborghini, poi giunti ai massimi livelli nazionali in qualità di tecnici. E stato proprio Costantin ad aprire la strada alla numerosa pattuglia zoldana nella mitica Vasaloppet.
Il diffondersi in maniera così prepotente di questa passione produce effetti diversi e tra loro contrastanti. Da una parte si sente l'esigenza molto forte di dare una struttura sempre più stabile e articolata all'organizzazione, dato che i confini della Valle appaiono sempre più stretti e la voglia di misurarsi con atleti delle vallate limitrofe cresce stagione dopo stagione. Dall'altra si fa pressante la voglia di allargare gli orizzonti anche delle attività. Infatti, dopo un iniziale biennio (1946-48) durante il quale la pratica sportiva rimane confinata entro i limiti dello sci di fondo e dello sci-alpinismo, la stagione 1948-49 vede affacciarsi di prepotenza anche lo sci alpino. Tra i precursori di questo nuovo modo di interpretare lo sport della neve ci sono Aldo Casal, Marino De Pellegrin, Dario Gavaz e Anselmo Toldo.

Ma per capire come sta progredendo lo sci alpino in casa propria e per verificare la propria condizione non c'è che un mezzo: andare a sfidare gli avversari a casa loro. Sarebbero tutte da raccontare queste trasferte: prima dell'alba, a piedi e con gli sci in spalla, atleti e accom-pagnatori scavalcavano forcella Cibiana per raggiungere la Val Boite, dove il provvidenziale trenino conduceva ad Auronzo o San Vito, luoghi deputati per queste gare. E la sera, stanchi, dovevano affrontare con gli stessi mezzi la strada del ritorno. A voler scherzare, si potrebbe attribuire a queste trasferte il merito dell'ottima preparazione atletica.
Più seriamente, si può dire che la passione che animava questi atleti era davvero viscerale e tale da spingerli ad affrontare ostacoli di ogni genere pur di partecipare a una gara. E per uscirne vittoriosi non bastava la tecnica; ci voleva pure fantasia e inventiva, per gareggiare in condizioni almeno simili agli avversari; questi erano più veloci perché potevano indossare pantaloni aderenti, in grado di offrire minore resistenza? Nessun problema, una bella manciata di elastici attorno ai pantaloni alla zuava e si lottava ad armi pari!
La risposta alle esigenze organizzative non tarda ad arrivare, e già nel 1949 il direttivo dello Sci Club Val Zoldana risulta composto da ben nove membri: Leo Lazzaris. che subentra ad Arturo Pellegrini nella carica di presidente. Luigi De Pellegrin, vice presidente. Dado Cava; segretario, Romano Costantin. vice segretario, e i consiglieri Renzi Cordella, Pietro Toscani, Silvio Simonetti, Angelo Cercenà ed Elii Meneghetti, che rappresentano le diverse frazioni.
È un lavoro, quello che viene impostato e portato avanti, che non passa inosservato a livello federale, e Leo Lazzaris viene designato delegato per lo Zoldano nell'organico provinciale della Fisi. Accanto a questi risultati positivi, a questo continuo sorgere di iniziative, a questa crescita qualitativa oltre che quantitativa, si viene determinando però una situazione che, di fatto, finisce per indebolire i movimento.
Come spesso accade - e la cronaca dell'oggi è piena di queste situazioni che riguardano tutte le discipline sportive - la crescita porta inevitabilmente con sé anche elementi di disturbo. Vedremo nel decennio successivo come si è sviluppata la situazione e a quali risultati ha portato.

(tratto dal libro "Con Gli Sci in testa - un secolo di Storia dello sci in Val di Zoldo" a cura di Silvano Cavallet e Paolo Lazzarin, ©1997 Sci Club Valzoldana)